
La manifattura dei coltelli in Sardegna assume caratteri tipici e tradizionali durante l’ottocento, secolo in cui si codificano i modelli e si delineano le soluzioni tecniche locali che porteranno a contraddistinguere il coltello sardo nel panorama nazionale.
Con il termine leppa si indicava inizialmente il coltello a lama fissa che veniva portato dagli uomini alla cintura, leppa de chintu. Nel tempo tale denominazione ha variato significato, giungendo ad indicare il coltello sardo in senso ampio, diffusamente identificato nel modello a serramanico, sa resolza.
L’utilizzo del coltello, prettamente maschile, era quello di arnese da taglio e da punta plurifunzionale, da portare sempre in tasca ed indispensabile per tutte le attività di lavoro nei campi e con gli animali.
Per il pastore il coltello rappresentava un prolungamento della sua mano da utilizzare in tutte le numerose occasioni in cui servisse tagliare, abradere, scorticare, infilzare e via dicendo. Il pastore, non di rado, impegnava le ore passate al pascolo utilizzando il suo coltello per intagliare nel legno e nel sughero piccoli utensili e altri manufatti d’uso quotidiano o simbolico, legati alle tradizioni religiose e alle attività femminile come la tessitura e la panificazione. Il coltello a serramanico era inoltre la posata unica e rappresentava l’arma di difesa personale in eventualità di pericolo.
Per il contadino, dotato di una varia strumentazione da taglio specifica per le diverse attività nei campi, possedere il coltello a serramanico assumeva ulteriori significati simbolici, oltre a rappresentare una risorsa pratica e agile, così come per il pastore.
I modelli
Il modello più antico, detto a foggia antica, si distingue per la lama larga, a foglia di alloro, con un solo filo. Questa forma di lama si assoccia generalmente al modello arburese caratterizzato dal manico monoblocco, ottenuto dalla lavorazione di un unico pezzo di corno e guarnito alle due estremità con anelli in ottone cesellato.
Il modello di Pattada , sa resolza pattadesa, tipologia con maggiore diffusione nel territorio isolano e che più frequentemente s’identifica con il coltello sardo in generale, presenta una lama sottile ed appuntita, a foglia di mirto, che lo rende particolarmente maneggevole ed adatto come strumento sia da taglio che da punta. A contraddistinguere questa tipologia è la sofisticata struttura del serramanico, tipica della produzione provieniente dal paese di Pattada. Il manico è costituito da più elementi: due guancette in corno fissate con ribattini in ottone su di un arco centrale in acciaio. La grande diffusione della resolza pattadesa deriva anche alla dalla cospicua attività dei venditori ambulanti, pratica estesa nel territorio isolano fino alla seconda metà del secolo scorso.
Il modello di Dorgali, sa resolza durgalese, è molto simile al modello pattadese ma si distingue per la forma maggiormente allungata e affusolata. Anche, il coltello di Santu Lussurgiu, sa resolza Lussurgese, presenta la struttura simile al pattadese pur rappresentando per tradizione un modello distintivo.
Altro modello, più recente che risale agli inizi del secolo scorso, è denominato sa guspinesa. Presenta la lama rettangolare, priva di punta, con forma a spatola. Il manico è monoblocco, senza curvatura, guarnito generalmente con due anelli in ottone sulle estremità.